ADHD in età adulta: segnali spesso ignorati e come intervenire in psicoterapia
Ti capita di arrivare tardi anche quando parti in anticipo, di avere 30 schede aperte in testa (e nel browser) e di passare da un’idea brillante a un vuoto improvviso?
Se ti riconosci in questa descrizione, non è “pigrizia” o “mancanza di volontà”: potrebbe essere un profilo ADHD che in età adulta continua a influenzare lavoro, studio e relazioni. Il lato buono della storia è che oggi esistono percorsi psicoterapeutici e strategie molto efficaci per ritrovare direzione e serenità.
Cos’è l’ADHD negli adulti (in parole semplici)
L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che non “sparisce” crescendo: in molti adulti cambia forma, diventando meno evidente sul piano motorio e più sul piano attentivo, organizzativo ed emotivo. Il nucleo del problema non è “sapere cosa fare”, ma riuscire a farlo con costanza, soprattutto quando il compito è lungo, ripetitivo o poco stimolante. Questo si traduce in difficoltà nel regolare l’attenzione (che può oscillare tra distrazione e iperfocus), gestire tempi e priorità, frenare l’impulsività (parole dette di getto, spese d’impulso, decisioni affrettate) e modulare emozioni intense.
“L’ADHD è meno un problema di sapere cosa fare, più di fare ciò che si sa.” — Russell A. Barkley
Segnali spesso ignorati
Molti adulti passano anni a definirsi “disorganizzati” o “svogliati”. In realtà, esistono pattern ricorrenti che meritano un approfondimento clinico:
- Disorganizzazione cronica: scrivanie e cartelle piene, file con nomi provvisori, difficoltà a chiudere i cicli.
- Scadenze che “arrivano addosso”: tendenza a sottostimare i tempi, iniziare tardi, correre all’ultimo.
- Attenzione altalenante: distrazioni continue su attività noiose e, al contrario, iperfocus su interessi forti (ore “volate”).
- Procrastinazione e “boom & bust”: lunghi rinvii seguiti da sprint intensi che lasciano esausti.
- Impulsività verbale o comportamentale: interruzioni, risposte senza filtro, acquisti non pianificati.
- Regolazione emotiva delicata: frustrazione rapida, “crolli” dopo picchi di impegno, vergogna o senso di inadeguatezza.
- Difficoltà esecutive: iniziare, pianificare, dare priorità, passare tra compiti, memoria di lavoro “ballerina”.
Questi segnali possono mimare o coesistere con ansia, depressione, burnout o dipendenze comportamentali: per questo è importante una valutazione accurata.
Diagnosi: come si fa (e perché non basta un test online)
La diagnosi è
clinica e viene formulata da professionisti qualificati (neuropsichiatra, psichiatra, psicologo con competenze specifiche).
Di solito prevede:
- Colloquio approfondito su storia personale e scolastica/lavorativa (con esempi concreti).
- Esplorazione dei sintomi dall’infanzia (quando possibile) e dell’impatto attuale su più contesti.
- Questionari e test di supporto, utili ma non sufficienti da soli.
- Diagnosi differenziale e comorbilità (ansia, umore, disturbi del sonno, uso di sostanze, disturbi dell’apprendimento).
Ricevere un nome per ciò che vivi non è “etichettarsi”: è comprendere il pattern e scegliere gli strumenti giusti.
Trattamenti che aiutano davvero
Non esiste una “pillola magica”, ma interventi combinati con solide evidenze:
- Psicoeducazione: capire come funziona l’ADHD e perché certe strategie sono efficaci (motivazione e aderenza aumentano).
- Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC): lavora su organizzazione, gestione del tempo, procrastinazione, autostima; inserisce esercizi pratici e monitoraggi.
- ACT e mindfulness: migliorano consapevolezza, contatto con i valori e regolazione dell’attenzione/emozioni.
- Coaching esecutivo specifico per ADHD: tecniche operative (agenda unica, time blocking, checklist, sistemi di promemoria).
- Farmacoterapia (quando indicata): valutata dallo specialista; può ridurre i sintomi core e facilitare la psicoterapia.
- Supporto su sonno, alimentazione, movimento: lo stile di vita non sostituisce la terapia, ma ne potenzia gli effetti.
Strumenti pratici che puoi iniziare a usare
- Time boxing + “regola dei 10 minuti”: programma blocchi brevi e parti per 10 minuti; spesso l’inerzia iniziale è l’ostacolo maggiore.
- Checklist di avvio e chiusura giornata: 5 voci per iniziare (priorità, calendario, email) e 5 per chiudere (riordino, pianificazione domani).
- Externalizzazione totale: usa un’unica “inbox” (app o taccuino), poi smista in calendario/lista delle prossime azioni.
- Ambiente a distrazione minima: scrivania dedicata, notifiche ridotte, siti bloccati nelle fasce di concentrazione.
- Body doubling (lavoro in compagnia): presenza reale o virtuale per sostenere l’avvio e mantenere il focus.
- Micro-ricompense e misurazione: monitora obiettivi in modo visibile (tracker settimanale) e celebra i progressi, non solo i risultati “perfetti”.
Lavoro, studio e relazioni: cosa cambia con l’ADHD
- Lavoro: spezzare i compiti, definire scadenze intermedie, chiedere briefing chiari, usare meeting brevi stand-up, tenere un “parcheggio idee”.
- Studio: tecniche Pomodoro, mappe concettuali, ripassi attivi, routine fissa di inizio studio.
- Coppia e famiglia: comunicazione trasparente (“sto in iperfocus, metto un timer e poi ti richiamo”), delega e accordi pratici (ruoli, promemoria condivisi).
Ricorda: l’obiettivo non è diventare “ordinati” secondo gli standard altrui, ma costruire un sistema che funzioni per te.
Quando è il momento di chiedere aiuto
Se la disorganizzazione compromette risultati, relazioni o benessere, se la procrastinazione diventa dolorosa, se senti di “girare a vuoto”, questo è un buon momento per un confronto professionale. Nel mio studio a Roma – Monteverde lavoro con adulti che sospettano un profilo ADHD o ne hanno già ricevuto diagnosi, costruendo insieme un piano personalizzato di strumenti e abitudini sostenibili.
Prenota un primo colloquio conoscitivo:
capiremo dove sei oggi, cosa ti sta ostacolando e quali leve attivare nelle prossime settimane. 📞









