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Autore: Fabio Sparatore 24 novembre 2025
La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) è un approccio psicoterapeutico strutturato e supportato da numerose evidenze scientifiche. Il suo presupposto centrale è semplice e potente: non sono solo le situazioni in sé a determinare come ci sentiamo, ma il modo in cui le interpretiamo . Intervenendo su pensieri, emozioni e comportamenti che mantengono il problema, la TCC aiuta a ridurre i sintomi in tempi spesso rapidi e a costruire cambiamenti stabili, utili nel lungo periodo. A differenza di altri approcci, la TCC lavora con una mappa chiara del problema , obiettivi concordati e strumenti concreti da usare nella vita di tutti i giorni. È un percorso collaborativo e pratico , in cui terapeuta e paziente formano una squadra: in seduta si apprendono abilità, tra una seduta e l’altra le si mettono in pratica . Per quali difficoltà è indicata La TCC è efficace in un ampio spettro di condizioni, tra cui: Disturbi d’ansia (ansia generalizzata, fobie specifiche, attacchi di panico, ansia sociale); Depressione e umore depresso; DOC – Disturbo Ossessivo-Compulsivo ; Disturbi da stress e trauma (es. disturbo post-traumatico); Insonnia primaria ; Difficoltà nella gestione di rabbia, stress, perfezionismo e paura del giudizio ; Disturbi alimentari (all’interno di piani integrati e previa valutazione clinica); Problematiche relazionali e bassa autostima . Nota: una valutazione iniziale accurata è fondamentale per definire obiettivi realistici e, se utile, coordinare il percorso con altri professionisti. I tre pilastri della TCC: pensieri, emozioni, comportamenti Cognizioni (pensieri e credenze) Filtri mentali come catastrofizzazione , lettura del pensiero o generalizzazione portano a conclusioni rigide (“Sbaglio sempre”, “Gli altri mi giudicheranno”). Riconoscerli è il primo passo per cambiarli. Emozioni Quando i pensieri sono distorti, le emozioni diventano intense o sproporzionate (ansia, vergogna, tristezza). Imparare a leggerle e regolarle permette di non farsi travolgere. Comportamenti Evitamenti, rituali o controlli offrono sollievo immediato ma mantengono il problema, impedendo nuove esperienze correttive. Sostituirli con azioni più funzionali crea un circolo virtuoso : pensieri più flessibili → emozioni più gestibili → comportamenti più efficaci. Strumenti tipici della TCC (e come aiutano davvero) Psicoeducazione Capire come si attiva e si mantiene un disturbo riduce la confusione e aumenta il senso di controllo. Sapere cosa accade nel corpo durante l’ansia, ad esempio, rende meno spaventosi i sintomi. Monitoraggio ABC Si registrano A ntecedenti (situazioni), B eliefs (pensieri), C onsequences (emozioni/azioni) per individuare schemi ricorrenti e punti di leva. Ristrutturazione cognitiva Si imparano domande guida e “prove a favore/contro” per mettere alla prova i pensieri automatici e sostituirli con valutazioni più realistiche e utili. Esperimenti comportamentali Piccoli test “in laboratorio di vita reale” per verificare ipotesi (“Se chiedo un chiarimento, penseranno che sono incompetente?”) e raccogliere dati nuovi che spesso smentiscono paure radicate. Esposizione graduale Per fobie, ansia sociale, panico o DOC: ci si avvicina in modo progressivo e sicuro alle situazioni temute, fino a ridurre significativamente l’ansia e aumentare l’auto-efficacia. Compiti tra le sedute Esercizi personalizzati trasformano la consapevolezza in abilità pratiche : è qui che avviene gran parte del cambiamento. Tecniche di regolazione emotiva e mindfulness-based Allenano attenzione e autoconsapevolezza per stare con le emozioni senza esserne travolti. Problem solving e attivazione comportamentale Pianificare azioni concrete, reintrodurre attività significative e rompere il circolo dell’evitamento (fondamentale in caso di umore depresso). Distorsioni cognitive comuni (e come riconoscerle) Catastrofizzazione : immaginare il peggiore degli esiti (“Se arrossisco, sarà un disastro”). Pensiero tutto-o-nulla : valutazioni in bianco/nero (“O è perfetto o è fallimento”). Lettura del pensiero : credere di sapere cosa pensano gli altri (“Sono sicuri che non valgo”). Svalutazione del positivo : ignorare progressi e successi (“È andata bene per caso”). In TCC si imparano strategie operative per notarle al volo e riformularle. Il risultato? Meno ansia, umore più stabile, autostima più solida. Cosa aspettarsi da un percorso TCC Valutazione iniziale (1–2 sedute) Raccolta della storia del problema, definizione degli obiettivi e condivisione del piano di trattamento. Sedute strutturate (45–60 min) Agenda chiara, revisione dei compiti, introduzione di nuove tecniche e definizione di esercizi pratici. Durata Spesso tempo-limitato (es. 10–20 incontri), ma dipende dalla complessità del quadro e dagli obiettivi. Collaborazione attiva Terapeuta e paziente lavorano come una squadra; la pratica tra le sedute accelera i risultati. Misurazione dei progressi Questionari, diari e indicatori condivisi per monitorare i cambiamenti e aggiustare la rotta . TCC e benessere a lungo termine Oltre a ridurre i sintomi, la TCC sviluppa abilità che restano : riconoscere pattern disfunzionali, rispondere allo stress con flessibilità, scegliere comportamenti coerenti con i propri valori. Questo rende le ricadute meno probabili e comunque più gestibili , perché la persona sa come intervenire “quando succede”. Domande frequenti (FAQ) La TCC è “solo tecnica” e poco profonda? No. È pratica e concreta, ma lavora anche su credenze di base, identità e temi relazionali; integra quando utile approcci di “terza onda” (mindfulness, acceptance, compassion-focused). Serve parlare del passato? La TCC è orientata al presente e agli obiettivi, ma considera la storia personale quando aiuta a capire e sciogliere i meccanismi che mantengono il problema oggi. Funziona senza compiti a casa? I compiti sono decisivi: trasformano la consapevolezza in abilità . Il terapeuta li adatta a tempi e contesto della persona. È adatta a tutti? È versatile e integrabile con altri approcci. La valutazione clinica iniziale chiarisce indicazioni, priorità e ritmo. Quando può essere utile iniziare Quando ansia, umore o stress interferiscono con studio, lavoro o relazioni; Quando evitamenti e ruminazioni rubano tempo ed energie; Quando perfezionismo e paura del giudizio bloccano decisioni e progetti; Quando, dopo un evento critico , senti di non ritrovare un equilibrio. Se ti ritrovi in una o più di queste situazioni, la TCC offre strumenti chiari, verificabili e personalizzati per riprendere il timone. ๐Ÿ‘‰ Vuoi capire se la TCC è adatta al tuo caso? ๐Ÿ“ž Prenota una consulenza conoscitiva su psicologomonteverde.it (sezione Contatti) oppure scrivi a info@psicologomonteverde.it . Insieme definiamo obiettivi concreti e un piano di lavoro su misura.
Autore: Fabio Sparatore 17 novembre 2025
Fine di una relazione: cos’è, cosa succede a livello emotivo e come la psicoterapia può aiutarti ad attraversare il dolore, ritrovare stabilità e ripartire. Strategie pratiche, errori da evitare e quando chiedere aiuto a Roma Monteverde. La fine di una relazione è uno spartiacque: cambiano abitudini, progetti e persino il modo in cui ti definisci. Il dolore è reale e può somigliare a un lutto: tristezza, rabbia, nostalgia, pensieri ricorrenti. Non sei “troppo sensibile”: stai reagendo a una perdita. Con un supporto psicologico mirato è possibile dare un senso a ciò che provi, creare confini più chiari e trasformare la crisi in un’opportunità di crescita. Che cos’è la fine di una relazione (e cosa non è) Una rottura non è solo un fatto esterno: è un processo interno che coinvolge il sistema di attaccamento. Il cervello cerca il contatto perduto e tende a idealizzare il passato o a colpevolizzarti. È normale attraversare fasi altalenanti — negazione, tristezza, rabbia, contrattazione, accettazione — senza un ordine fisso. Dare un nome a queste fasi riduce confusione e autocritica. Come funziona il dolore post-rottura Dopo una separazione, l’attenzione si restringe su ricordi e “se solo…”. Possono emergere insonnia, cali di appetito, iperattivazione o apatia. In terapia si lavora prima di tutto sulla stabilizzazione: regolare l’attivazione corporea (respiro, grounding, routine sane) e aumentare la finestra di tolleranza, per poi dare senso alla storia della coppia ed elaborare il lutto. In quali casi può essere utile rivolgersi a uno psicoterapeuta La sofferenza rimane intensa e interferisce con sonno, studio o lavoro per settimane. Rumini costantemente sull’ex, controlli i social o fatichi a mantenere il “no contact”. Compaiono ansia, attacchi di panico o umore depresso persistente. Vedi pattern ripetuti (gelosia, paura dell’abbandono, dipendenza affettiva). La rottura è avvenuta in un contesto conflittuale o traumatico (controllo, svalutazioni). Tecniche tipiche del supporto psicologico Psicoeducazione su attaccamento ed emozioni: capire perché stai così non elimina il dolore, ma lo rende gestibile. Ristrutturazione cognitiva (TCC): lavorare su pensieri rigidi (“non troverò più nessuno”, “è tutta colpa mia”). Mindfulness e regolazione corporea: respirazione diaframmatica, grounding, micro-pause durante la giornata. Lavoro sugli schemi relazionali (Schema Therapy): riconoscere bisogni, confini e copioni che si ripetono. Compassion Focused Therapy: allenare un dialogo interno più caldo e realistico. Cosa fare subito: azioni micro quotidiane realistiche Stabilisci orari di base: sonno, pasti, movimento leggero. Piccolo ma regolare batte perfetto e saltuario. Riduci l’esposizione ai trigger: silenzia notifiche, sposta oggetti-ricordo in una scatola dedicata. Diario del “no contact”: conta i giorni senza contatti. Se scivoli, riparti dal giorno successivo senza giudicarti. Programma due attività nutrienti a settimana (persone, luoghi, hobby) e mettile in calendario. Scrivi una lettera che non invierai: ciò che avresti voluto dire, cosa tieni con te e cosa lasci andare. Errori da evitare Contatti intermittenti “solo per sapere come stai”, che riaprono continuamente la ferita. Idealizzare il passato o colpevolizzarti per il presente. Monitorare i social dell’ex e confrontarti ossessivamente. Saltare in una relazione-rimpiazzo per anestetizzare il dolore. Isolarti: la connessione protegge, anche se non ti va subito di parlare di tutto. Benefici e limiti del percorso psicologico Il supporto psicologico offre uno spazio sicuro per ordinare emozioni e bisogni, comprendere i propri schemi relazionali e sviluppare competenze utili per relazioni future più sane. Non è una “bacchetta magica” né impone scelte: ti accompagna a decidere con maggiore lucidità e rispetto di te, al tuo ritmo. Domande frequenti Se spero di tornare insieme, ha senso iniziare una terapia? Sì. Si lavora sul discernimento: chiarire bisogni e confini, valutare condizioni realistiche per un nuovo patto. La lucidità a volte conferma la separazione, altre volte permette un riavvicinamento più consapevole. Quanto dura il percorso? Dipende dagli obiettivi e dalla storia personale. Spesso poche sedute focalizzate aiutano a ritrovare stabilità e direzione; in altri casi si prosegue per consolidare nuovi schemi relazionali. “Tra stimolo e risposta c’è uno spazio. In quello spazio risiede la nostra libertà e il nostro potere di scegliere la risposta.” — Viktor E. Frankl ๏ปฟ Contattami (Roma Monteverde) Se stai attraversando una separazione e vuoi un confronto professionale in un clima sicuro e non giudicante, posso aiutarti a fare ordine e a ripartire. ๐Ÿ“ž Prenota un primo colloquio conoscitivo su psicologomonteverde.it
Autore: Fabio Sparatore 11 novembre 2025
Hai iniziato ad amare il tuo lavoro e ora ti svegli già stanco, irritabile, senza energia? Le email diventano montagne, i colleghi “ti pesano”, la concentrazione si spezza. Questo quadro non è “semplice stress”: potrebbe essere burnout , una condizione di esaurimento fisico ed emotivo legata a stress lavorativo prolungato. Che cos’è (e cosa non è) il burnout Il burnout non è pigrizia, né una colpa. È una risposta a richieste e pressioni prolungate, spesso con poche risorse e scarso senso di controllo. I tre cardini classici sono: Esaurimento emotivo e fisico : sentirsi “svuotati” già al mattino, sonno non ristoratore. Distacco/cinismo : atteggiamento negativo, irritabilità, distacco mentale dal lavoro e dalle persone. Ridotta efficacia : fatica a portare a termine compiti, errori, calo di fiducia nelle proprie capacità. Lo stress è una risposta fisiologica e talvolta utile; il burnout è quando la risposta resta “accesa” troppo a lungo e l’organismo non recupera più. Come sottolinea Christina Maslach , studiosa di riferimento sul tema, il burnout coinvolge anche il contesto : carichi di lavoro, tempi, cultura organizzativa e riconoscimento. Segnali precoci da non ignorare Risvegli non ristoratori, mal di testa o tensioni muscolari ricorrenti. Volubilità emotiva: si passa da irritabilità a apatia, con fatica a provare interesse. Concentrazione a singhiozzo, errori banali, procrastinazione e rinvii all’infinito. Calo della motivazione: “a cosa serve?”, perdita di senso e valori personali accantonati. Ritiro sociale: evitare colleghi, call, messaggi; cinismo come “armatura”. Uso compensatorio di caffeina, alcol, cibo o scorrimento compulsivo dei social. Se ti riconosci in vari punti da almeno qualche settimana , è utile fermarsi e valutare. Mini auto-check (non sostituisce una valutazione clinica) Mi sento stanco ancora prima di iniziare a lavorare quasi ogni giorno . Sto diventando cinico/indifferente verso clienti o colleghi. Mi sembra di non combinare più nulla, anche su compiti semplici. Rimando spesso, poi corro all’ultimo in “modalità emergenza”. Fatico a “staccare” anche fuori orario: pensieri di lavoro invadenti. Se rispondi “sì” a 3 o più item per due settimane, considera un confronto professionale. Cosa fare subito (protocollo in 5 mosse) Stop breve, non fuga : blocca 24–48 ore senza straordinari per ripristinare sonno e ritmi; non è “scappare”, è manutenzione . Monotasking guidato : scegli 1 compito “ad alto impatto” e 2 micro-azioni. Timer 25–30 minuti + 5 di pausa. Ripeti 3 cicli. Confini chiari : fascia “deep work” senza notifiche (1–2 ore), orario di fine lavoro scritto e visibile. Email dopo quell’ora? Programmala per il mattino. Ricariche attive : 2 camminate brevi al giorno, stretching collo/spalle, idratazione. Micro-pause senza schermo. Delega e priorità : regola 3D: delega , differisci , drop (elimina). Tutto non può essere “urgente”. Strumenti pratici quotidiani Agenda unica (non 4 sistemi): calendario + to-do con priorità A/B/C. Ogni mattina scegli 3 “vittorie” realistiche. Rituali di inizio/fine giornata : 10’ per pianificare → 10’ per chiudere (riordino, scarico mentale, pianificazione domani). Tecnica “energia prima del compito” : micro-esercizio, respiro 4-6 o 10 squat; al cervello serve attivazione per ingranare. Igiene digitale : notifiche raggruppate, modalità “concentrazione”, app blocca-distrazioni nelle fasce critiche. Recovery serale : routine costante di sonno, luci soffuse, schermi ridotti 60’ prima, diario di gratitudine/riconoscimenti. Supporto sociale : collega “buddy” per confronti brevi, supervisione o gruppi di pari se il lavoro è d’aiuto (cura, scuola, PA). Psicoterapia: cosa funziona davvero La Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC) aiuta a interrompere i cicli di autosvalutazione, perfezionismo rigido e procrastinazione, e introduce strumenti di gestione del tempo/stress. L’ ACT (Acceptance and Commitment Therapy) lavora su consapevolezza e valori: impari a riconoscere pensieri/emozioni senza lottarci e a muovere passi concreti nella direzione che conta per te. La Mindfulness (MBSR/MBCT) favorisce recupero attentivo e regolazione emotiva. Se il burnout è intrecciato a esperienze critiche (mobbing, eventi traumatici), si valutano protocolli specifici (es. EMDR ) all’interno di un percorso strutturato. Talvolta può essere utile il confronto con lo specialista medico per valutare condizioni fisiche concomitanti o, se necessario, un supporto farmacologico temporaneo. Rientrare in equilibrio (e al lavoro) con un piano sostenibile Ridisegna il carico con il tuo responsabile: chiarezza su obiettivi, tempi e metriche ragionevoli. Sperimenta settimane a tema : es. settimana “manutenzione arretrati”, settimana “progetti strategici”, per ridurre il multitasking. Blocchi “no meeting” : proteggi almeno 2 mezze giornate a settimana. Accordi di comunicazione : canali per urgenze reali, tempi di risposta attesi per il resto. Valori e scopo : ri-ancora il perché fai ciò che fai; piccole azioni coerenti aumentano il senso di efficacia e protezione dal cinismo. Prevenzione: 6 leve organizzative (se sei manager o libero professionista) Carichi e tempi realistici, con spazi di recupero pianificati (non “se avanza tempo”). Autonomia su come raggiungere gli obiettivi, non solo “quanto” produrre. Fairness e riconoscimento: feedback chiaro, criteri trasparenti. Comunità: momenti di confronto, mentoring, debriefing post-progetto. Sviluppo competenze: formazione continua su priorità, delega, comunicazione. Limiti condivisi sull’uso delle tecnologie fuori orario. Quando chiedere aiuto Se ti ritrovi a spegnere “incendi” di continuo, a sentirti svuotato, irritabile o senza prospettiva, è il momento di un check professionale . Nel mio studio a Roma – Monteverde lavoro con persone che vivono stress lavoro-correlato o burnout: costruiamo insieme un piano personalizzato di recupero, con strumenti pratici, obiettivi chiari e monitoraggi periodici. Non è debolezza chiedere aiuto : è la scelta più rapida per tornare a stare bene e lavorare meglio, con confini che ti proteggono. Prenota un primo colloquio conoscitivo : definiremo priorità, step immediati e un percorso sostenibile per ritrovare energia e senso nel lavoro. ๐Ÿ“ž
Autore: Fabio Sparatore 4 novembre 2025
All’inizio sembra un sogno: messaggi continui, attenzioni speciali, dichiarazioni intense e promesse di futuro. Poi, poco alla volta, compaiono dubbi, colpe vaghe, confusione: “forse esagero io”, “magari ho capito male”. Questa alternanza eccesso−vuoto è tipica di molte dinamiche manipolative : in particolare love bombing e gaslighting . Conoscerle aiuta a proteggersi e, se serve, a chiedere aiuto in tempi rapidi. Che cos’è il love bombing (e come si riconosce) Il love bombing è una strategia relazionale in cui, soprattutto nelle prime fasi, l’altra persona ti “inonda” di attenzioni e conferme con l’obiettivo (spesso non consapevole) di legarti rapidamente e ottenere influenza. Segnali frequenti Acceleratore sempre premuto: dichiarazioni di amore/futuro dopo poche settimane, pressioni per esclusività immediata. Regali e gesti eclatanti seguiti da richieste implicite (“dopo tutto quello che faccio per te…”). Presenza totale (chat, chiamate, sorprese) e irritazione quando chiedi spazio o tempi più lenti. Idealizzazione seguita da svalutazione improvvisa. Isolamento dolce: riduci amici, hobby e autonomia quasi senza accorgertene. Gaslighting: cos’è e perché confonde Il termine viene dall’opera “Gas Light”: qualcuno manipola luci e oggetti per farti dubitare della realtà. Nel gaslighting, piccoli episodi ripetuti portano a mettere in discussione percezione, memoria e giudizio . Segnali tipici Negazione sistematica (“non è mai successo”, “te lo sei inventato”). Rovesciamento della colpa : da chi pone un tema diventi “quello sensibile”. Minimizzazione e ridicolizzazione (“drammatizzi”, “era solo una battuta”). Confusione calcolata : cambi di versione, promesse non mantenute, regole mobili. Isolamento e segretezza : discredito verso chi potrebbe darti un riscontro esterno. Spesso love bombing e gaslighting si alternano , creando montagne russe emotive che tengono agganciati. Perché funziona: “trauma bond” e rinforzo intermittente Idealizzazione e svalutazione attivano il rinforzo intermittente : ricompense imprevedibili che alimentano l’aspettativa (“tornerà la versione affettuosa?”). Si può creare un trauma bond , un legame che mischia affetto, paura e dipendenza. La vergogna (“proprio io in questa situazione?”) spinge al silenzio. Effetti psicologici (e sul corpo) Ansia e ipervigilanza ; difficoltà a “staccare”. Calo dell’autostima e senso di colpa. Confusione e indecisione ; dubbi su memoria e giudizio. Umore depresso, ritiro sociale. Sintomi fisici : tensioni, sonno disturbato, somatizzazioni. Cosa fare subito (protocollo in 5 passi) Scrivi i fatti (date, parole, contesto). Parlane con una persona fidata o con un/una terapeuta per un riscontro esterno. Riduci l’esposizione : silenzia notifiche, evita discussioni a caldo. Confini chiari : richieste specifiche; valuta low/no contact se gli abusi verbali persistono e se è sicuro . Piano di sicurezza : reti anti-violenza, uscite sicure, tutela legale se emergono minacce/controllo. Psicoterapia: come aiuta Psicoeducazione : dare nomi alle dinamiche riduce confusione e colpa. TCC : ristrutturare pensieri colpevolizzanti e allenare confini assertivi . Schema Therapy : lavorare su schemi di abbandono/svalutazione e bisogni affettivi. EMDR (quando indicato): integrare ricordi dolorosi e ridurre trigger. Rete e valori : ricostruire interessi, amicizie, routine sane. Mini auto-check (non è diagnosi…) Mi sento confuso/a dopo le conversazioni, come se avessi “frainteso tutto”? Chiedo scusa per episodi che non ricordo? Le regole cambiano e non so cosa aspettarmi? Mi sto isolando da amici/famiglia? Metto confini e vengo deriso/a o colpevolizzato/a? Uscire dal ciclo: passi concreti Bussola personale : elenca 5 comportamenti “sani” che desideri in una relazione. Igiene digitale : niente condivisione password/posizione, password nuove. Rete di supporto : 2/3 persone informate + terapeuta. Micro-step settimanali : 1 azione di cura, 1 sociale, 1 pratica/legale se utile. Auto-compassione : stai uscendo da un sistema, non “fallendo” una relazione. Quando chiedere aiuto Se confusione, colpa e paura stanno crescendo, meriti supporto . Nel mio studio a Roma – Monteverde lavoriamo su confini, autostima e sicurezza emotiva con strumenti pratici e monitoraggi passo-passo. ๏ปฟ Prenota un primo colloquio conoscitivo : chiariremo la situazione e costruiremo un piano realistico per stare meglio, in sicurezza.
Persona ansiosa circondata da simboli di cambiamento climatico, inquinamento e disastri ambientali.
Autore: Fabio Sparatore 27 ottobre 2025
Cos’è l’eco-ansia? Scopri le principali cause come cambiamento climatico, inquinamento e disastri ambientali.
Autore: Fabio Sparatore 20 ottobre 2025
Ti capita di arrivare tardi anche quando parti in anticipo, di avere 30 schede aperte in testa (e nel browser) e di passare da un’idea brillante a un vuoto improvviso? Se ti riconosci in questa descrizione, non è “pigrizia” o “mancanza di volontà”: potrebbe essere un profilo ADHD che in età adulta continua a influenzare lavoro, studio e relazioni. Il lato buono della storia è che oggi esistono percorsi psicoterapeutici e strategie molto efficaci per ritrovare direzione e serenità. Cos’è l’ADHD negli adulti (in parole semplici) L’ADHD è un disturbo del neurosviluppo che non “sparisce” crescendo: in molti adulti cambia forma, diventando meno evidente sul piano motorio e più sul piano attentivo, organizzativo ed emotivo. Il nucleo del problema non è “sapere cosa fare”, ma riuscire a farlo con costanza, soprattutto quando il compito è lungo, ripetitivo o poco stimolante. Questo si traduce in difficoltà nel regolare l’attenzione (che può oscillare tra distrazione e iperfocus), gestire tempi e priorità, frenare l’impulsività (parole dette di getto, spese d’impulso, decisioni affrettate) e modulare emozioni intense. “L’ADHD è meno un problema di sapere cosa fare, più di fare ciò che si sa.” — Russell A. Barkley Segnali spesso ignorati Molti adulti passano anni a definirsi “disorganizzati” o “svogliati”. In realtà, esistono pattern ricorrenti che meritano un approfondimento clinico: Disorganizzazione cronica: scrivanie e cartelle piene, file con nomi provvisori, difficoltà a chiudere i cicli. Scadenze che “arrivano addosso”: tendenza a sottostimare i tempi, iniziare tardi, correre all’ultimo. Attenzione altalenante: distrazioni continue su attività noiose e, al contrario, iperfocus su interessi forti (ore “volate”). Procrastinazione e “boom & bust”: lunghi rinvii seguiti da sprint intensi che lasciano esausti. Impulsività verbale o comportamentale: interruzioni, risposte senza filtro, acquisti non pianificati. Regolazione emotiva delicata: frustrazione rapida, “crolli” dopo picchi di impegno, vergogna o senso di inadeguatezza. Difficoltà esecutive: iniziare, pianificare, dare priorità, passare tra compiti, memoria di lavoro “ballerina”. Questi segnali possono mimare o coesistere con ansia, depressione, burnout o dipendenze comportamentali: per questo è importante una valutazione accurata. Diagnosi: come si fa (e perché non basta un test online) La diagnosi è clinica e viene formulata da professionisti qualificati (neuropsichiatra, psichiatra, psicologo con competenze specifiche). Di solito prevede: Colloquio approfondito su storia personale e scolastica/lavorativa (con esempi concreti). Esplorazione dei sintomi dall’infanzia (quando possibile) e dell’impatto attuale su più contesti. Questionari e test di supporto , utili ma non sufficienti da soli. Diagnosi differenziale e comorbilità (ansia, umore, disturbi del sonno, uso di sostanze, disturbi dell’apprendimento). Ricevere un nome per ciò che vivi non è “etichettarsi”: è comprendere il pattern e scegliere gli strumenti giusti. Trattamenti che aiutano davvero Non esiste una “pillola magica”, ma interventi combinati con solide evidenze: Psicoeducazione: capire come funziona l’ADHD e perché certe strategie sono efficaci (motivazione e aderenza aumentano). Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC): lavora su organizzazione, gestione del tempo, procrastinazione, autostima; inserisce esercizi pratici e monitoraggi. ACT e mindfulness: migliorano consapevolezza, contatto con i valori e regolazione dell’attenzione/emozioni. Coaching esecutivo specifico per ADHD: tecniche operative (agenda unica, time blocking, checklist, sistemi di promemoria). Farmacoterapia (quando indicata): valutata dallo specialista; può ridurre i sintomi core e facilitare la psicoterapia. Supporto su sonno, alimentazione, movimento: lo stile di vita non sostituisce la terapia, ma ne potenzia gli effetti. Strumenti pratici che puoi iniziare a usare Time boxing + “regola dei 10 minuti”: programma blocchi brevi e parti per 10 minuti; spesso l’inerzia iniziale è l’ostacolo maggiore. Checklist di avvio e chiusura giornata: 5 voci per iniziare (priorità, calendario, email) e 5 per chiudere (riordino, pianificazione domani). Externalizzazione totale: usa un’unica “inbox” (app o taccuino), poi smista in calendario/lista delle prossime azioni. Ambiente a distrazione minima: scrivania dedicata, notifiche ridotte, siti bloccati nelle fasce di concentrazione. Body doubling (lavoro in compagnia): presenza reale o virtuale per sostenere l’avvio e mantenere il focus. Micro-ricompense e misurazione: monitora obiettivi in modo visibile (tracker settimanale) e celebra i progressi, non solo i risultati “perfetti”. Lavoro, studio e relazioni: cosa cambia con l’ADHD Lavoro: spezzare i compiti, definire scadenze intermedie, chiedere briefing chiari, usare meeting brevi stand-up, tenere un “parcheggio idee”. Studio: tecniche Pomodoro, mappe concettuali, ripassi attivi, routine fissa di inizio studio. Coppia e famiglia: comunicazione trasparente (“sto in iperfocus, metto un timer e poi ti richiamo”), delega e accordi pratici (ruoli, promemoria condivisi). Ricorda: l’obiettivo non è diventare “ordinati” secondo gli standard altrui, ma costruire un sistema che funzioni per te . Quando è il momento di chiedere aiuto Se la disorganizzazione compromette risultati, relazioni o benessere, se la procrastinazione diventa dolorosa, se senti di “girare a vuoto”, questo è un buon momento per un confronto professionale. Nel mio studio a Roma – Monteverde lavoro con adulti che sospettano un profilo ADHD o ne hanno già ricevuto diagnosi, costruendo insieme un piano personalizzato di strumenti e abitudini sostenibili. Prenota un primo colloquio conoscitivo : capiremo dove sei oggi, cosa ti sta ostacolando e quali leve attivare nelle prossime settimane. ๐Ÿ“ž
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